Il giro del mondo in camion
Nel 1976 Cesare Gerolimetto, assieme a Daniele Pellegrini, compie il suo raid più impegnativo, il giro del mondo in camion che durerà due anni e sette mesi per un totale di 184000 km percorsi attraverso i cinque continenti. Questa impresa viene classificata dal Guinness Book of Records 1984 come il primo e più lungo giro del mondo.
La preparazione
L'idea di questo giro del mondo comincia a sfiorarmi nel 1972, durante un lungo e massacrante raid, il periplo dell'Africa, quasi cinquantamila chilometri con una jeep, in compagnia di Ferruccio Franzoia, Verso la fine del viaggio si fantastica su quale sarebbe stata la prossima meta; "Escludendo l'Asia e l'Africa se vogliamo fare qualcosa di veramente diverso, non ci resta che il mondo intero. Quasi uno scherzo; passano infatti quattro anni durante i quali si alternano decisioni definitive e altrettanto definitive rinunce, ma alla fine il coraggio lo trovo e durante il 1975 raccolgo informazioni, studio itinerari e soprattutto faccio il contabile per stabilire con la massima esattezza possibile quale può essere il costo di una simile impresa. C’è però un altro problema vitale da risolvere, l’amico Ferruccio non può, ed è quello di trovare un compagno di viaggio; compagno che, una volta interpellato, prima di accettare avrebbe dovuto superare i dubbi e le ansie che io ho decantato nel corso degli anni. Alla mia proposta, Daniele Pellegrini giornalista fotografo, che tra l'altro conosco appena, mi risponde che sono matto e che il progetto non e attuabile per mille motivi. Non perdo le speranze e continuo a “marcare stretto” il povero Daniele il quale alla fine si convince e coinvolge nella avventurava anche il padre Lino noto esploratore-giornalista, sulla breccia dei raid avventurosi da molestissimi anni per conto dei più importanti quotidiani e settimanali italiani e stranieri, Con due spalle, anzi quattro, come quelle dei Pellegrini, la macchina organizzativa si mette a girare a pieno ritmo. Le conoscenze, sopratutto di Lino, sono determinanti tanto che, alla fine, veicolo e varie attrezzature sono pronti quasi esclusivamente con l'aiuto degli sponsor, tra i quali un ruolo di prima piano spetta alla IVECO preziosissima anche in seguito con tutte le sue filiali sparse nel mando.
Il camion
Il camion e un IVECO 75 PC 4x4 (quattro ruote motrici) con una cilindrata di cc. 5184 ciclo Diesel in assetto di marcia pesa quasi otto tonnellate. La parte abitabile e costituita da un furgone opportunamente costruito e coibentato dalla Orlandi di Brescia, mentre il “mobilio” e alcune preziosità meccaniche le costruisco assieme ai miei amici Fratelli Zanon e Fratelli Farina.

Il tutto é quanto di più spartano si può immaginare: un letto a castello sufficientemente comodo, un piccolo lavello con rubinetto collegato mediante pompa elettrica al serbatoio dell’acqua di 170 litri, niente toilette né riscaldamento. Il resto delle pareti é dedicato a robusti armadi che devono contenere l'infinità di cose e attrezzature necessarie per affrontare questo genere di viaggio; tutto l'indispensabile affinché un veicolo, isolato e senza nessun contatto con gli altri, possa superare le mille contrarietà alle quali sarebbe andato incontro: scorte di combustibile per 3500 kilometri in condizioni normali, tre pneumatici con relativo cerchione, scalette anti-insabbiamento, bussola applicata al cruscotto, binda di sollevamento per toglierci dal fango e dalla sabbia, serbatoio sul tetto che ci permetta, in caso di rottura della pompa aspirante, di far funzionare il motore a caduta come succede per i comuni acquedotti, quattro batterie, un piccolo generatore di corrente a benzina e una serie completa di attrezzi da officina per interventi sulla meccanica di una certa entità.

Per fortuna il 75 PC 4x4 IVECO, battezzato Antonio Pigafetta, in onore dello storiografo di Magellano, non ci darà seri fastidi e non si fermerà mai per strada, consentendoci di eseguire sempre in rimessa i lavori più impegnativi.
Cesare Gerolimetto alla guida del camion Pigafetta 1978 - Cesare Gerolimetto alla guida del camion "Pigafetta"
Globe trucker Cesare Gerolimetto e Daniele Pellegrini all'interno del "Pigafetta"
Il viaggio
Mi limiterò dunque a qualche aneddoto senza forzatamente percorrere l'itinerario del “Pigafetta” che e stato nell’ordine: Europa-Asia-Australia-Africa-Arneriche.

L'Europa deve servirci come continente di rodaggio perché lo riteniamo il più facile, ed invece proprio qui incontriamo il più grosso problema doganale. Entrando in Jugoslavia le guardie di frontiera, alla vista del nostro camion ancora lucido di fabbrica e caricatissimo, ci dicono chiaro e tondo che non passeremo senza prima aver fatto una lista completa e battuta a macchina di quanto c’é a bordo. Il solo pensiero di una simile eventualità ci raggela: i materiali contenuti nel veicolo sono cosi numerosi e cosi ben stivati che si perderebbe una settimana per completare l’operazione.

Preferibile la laboriosa trattativa con gli jugoslavi, che alla fine porta a un compromesso: ci saremmo rivolti ad un’altro valico di frontiera, non molto distante e con gente disposta a una minore fiscalità. La cosa funziona e si passa abbastanza agevolmente, senza pero toglierci i dubbi: se la vecchia e docile Europa ci fa di questi scherzi, cosa sarebbe mai accaduto in qualche sperduta dogana dell’Africa o dell'America Latina? Invece, quasi come se la frontiera jugoslava fosse stata il lasciapassare per tutte Ie dogane del mondo, più nessuno farà troppo il curioso o il severo; solo un affabile funzionario indiano pretenderà un ricordo e dalle nostre ampie scorte sceglierà l’unica mia cravatta rossa.

Globe trucker - Afganistan Afganistan
Globe trucker - Afganistan Afganistan


Di notte di norma non si viaggia ma, viste le condizioni ottimali, ci permettiamo uno strappo alla regola. Sara un grave errore. E’ il deserto Afgano, notte nera come se ne vedono solo nei deserti quando manca la luna. La strada e una bella striscia levigata di cemento e il “Pigafetta”, al massimo dei giri, marcia sugli 80 Km/h. Mediamente si incrocia un veicolo ogni due/tre ore e proprio nel dare il cambio luce ad uno di questi, d'improvviso, ci viene a mancare tutta la nostra potente fanaleria. E' corne si fosse innalzato davanti a noi un muro impenetrabile, che ci toglie il senso dell’orientamento e, nonostante io cerchi di rallentare la corsa verso l’ignoto, continuiamo per qualche centinaio di metri con paurose sbandate, corrette in extremis ora da Daniele ora da me. Dio vuole che riusciamo a fermarci incolumi. Io rimango al volante con freni bloccati e Daniele, con molta circospezione, scende a controllare. Siamo letteralmente a due-tre centimetri da un precipizio e dalla fine tragica di tutti i nostri sogni. Con la massima prudenza rimettiamo il camion in strada e, riaccendendo i fari, mi rendo conto che non si era trattato di un guasto, ma di un mio sbaglio. Avevo, inavvertitamente disinserito l'interruttore generale!

Globe trucker - Afganistan Afganistan
Globe trucker - Afganistan Afganistan


Pur con alle spalle una lezione cosi drammatica, questa volta in Australia, incappiamo nel nostro secondo incidente notturno. E’ alla guida Daniele e stiamo tentando di toglierci da un mare di fango che rischia di bloccarci per qualche mese all’interno del continente. In un passaggio particolarmente insidioso ed affrontabile solo ad andatura sostenuta, rischio l'impantanamento, il “Pigafetta” sbanda e finisce contro un terrapieno. Un rumore, come di legna secca spezzata, fa intuire che il danno é grave: si é staccato quasi completamente l'attacco della balestra anteriore destra. Il mattino successivo, col morale a terra e il camion seriamente menomato, ci rimettiamo in cammino. La pioggia battente, la sconfinata pianura semi-allagata che ci circonda e la preoccupazione per quel che ci aspetta, ci fanno dimenticare la bussola e partiamo, ma nel senso sbagliato! Invece di allontanarci dall'alluvione che avanza, vi penetriamo sempre più profondamente. Ci rendiamo conto dell’errore molte ore dopo e a salvarci e una sperduta fattoria, dove provvediamo alla riparazione a tempo di record e riprendiamo la pista a ritroso. E’ una lotta ciclopica contro gli elementi scatenati, ma il “Pigafetta”, di nuovo integro, fa miracoli e ci riporta sulla strada d’asfalto da dove, con una modesta, in termini australiani, deviazione di seimila chilometri, aggiriamo l'ostacolo liquido. Qualche giorno dopo apprendiamo dai giornali che tutta la zona appena abbandonata é intransitabile e i veicoli bloccati dalla melma o sommersi dall’acqua si contano a centinaia.

Globe trucker - Australia Australia - Uluṟu o Ayers Rock
Globe trucker - Australia Australia - Uluṟu o Ayers Rock


I disagi e le disavventure, per fortuna, sfumano per primi nella memoria e rimangono, indelebili, le cose straordinarie che abbiamo avuto modo di vedere. Una di queste sono i laghi di Band-i-Amir. Afghanistan centrale: siamo ad una giornata di pista d’alta montagna da Kabul, la capitale. Intorno a noi non c’e che il deserto più assoluto. Viaggiamo a più di tremila metri di quota e le montagne, erose dal tempo, dal vento e dalle acque, rare ma di forza rovinosa, sono di mille colori. La tonalità dominante e il giallo oro, ma si scorge il rosso, il verde, il marrone e poi, come una improvvisa visione di fiaba, delle chiazze, alcune grandissime, di un turchese intensissimo: sono i laghi degradanti di Band-i-Amir. Li forma l’omonimo fiume, che ha la sorgente molto più in alto. E’ uno spettacolo unico di grandiosità, di silenzio, di selvaggia bellezza e di un'intima sensazione di assolato che solo le grandi manifestazioni della natura riescono a dare. Purtroppo, proprio quando mi trovo lassù, tagliato fuori dal mondo, improvvisamente viene a mancare mio padre e, di li ad un mese, anche mia madre lo segue. La terribile notizia mi viene portata in India da mia moglie Lia ed è lei a farmi desistere dai miei propositi di ritiro.

Globe trucker - Afganistan Afganistan
Globe trucker - Chacaltaya - Bolivia Chacaltaya - Bolivia


Con molta tristezza nel cuore il viaggio riprende e l’Asia si sarebbe conclusa senza inconvenienti se non fosse stato per il traghetto che da Madras (India) ci porta a Penang in Malaysia. “The floating Paradise" lo hanno battezzato gli indiani. Si tratta di an ex transatlantico francese, in verità non molto vetusto, ma probabilmente a corto di manutenzione. Per i primi due giorni le cose procedono benissimo e ci sembra di essere in crociera, grazie anche alla proverbiale gentilezza dell’equipaggio indiano. Ma gli eventi precipitano e, dalle vibrazioni che gia avevamo avvertito, passiamo ai rubinetti che sgorgano un intruglio di acqua e nafta, mentre l’acqua, quella buona, non si capisce per quale sortilegio, zampilla dal soffitto della sala da pranzo. La luce va e viene e l'impianto di condizionamento anch'esso impazzito, genera aria calda. L’equipaggio nonostante tutto ostenta grande sicurezza e ripete: “no problems". Quando pero la nave comincia ad inclinarsi vistosamente e vediamo il capitano, in tenuta da meccanico, preoccupatissimo, scendere e salire dalle stive, cominciamo a nutrire qualche serio dubbio sulla continuazione del nostro giro del mondo. E non e ancora finita perché, con un gran botto, i motori si spengono e rimaniamo alcune ore in balia delle correnti. Fortunatamente qualche divinità indiana ha pietà di noi e rimette in moto un motore, che ci permette, sempre più coricati su un fianco, di raggiungere la Malaysia. Al momento dello sbarco il capitano, che ha ripreso la sua bella uniforme bianca, con un sorriso ci dice: “siamo arrivati in orario nonostante avessimo settemila tonnellate supplementari da trasportare".

Alludeva all’acqua che, attraverso un circuito di raffreddamento, aveva invaso le stive e la sala macchine. Ho gia accennato all’Australia ma sarebbe torto grave non soffermarsi un po di più su questo singolare continente. Per noi europei, la sensazione e una sola; ci sentiamo veramente dall’altra parte del pianeta non solo per un fattore geografico o di chilometri. E’ un altro mondo sotto tutti i punti di vista.

Globe trucker - Australia Australia
Globe trucker - Algeria Algeria


Vasto quanto l’Europa, conta appena tredici milioni di abitanti e per il 95% concentrati lungo le coste temperate. Il resto di questa immane pianura é a disposizione di chi ha la voglia e il coraggio di avventurarvisi. Gli australiani lo chiamano “outback", cioè un qualcosa che sta dietro l’angolo ma contemporaneamente distantissimo. Se non fosse per le serie difficolta di sopravvivenza, bisognerebbe restare nell’out back qualche mese e al ritorno non avremmo più dubbi sulla pochezza dell’uomo nei confronti della natura; quella vera, quella della creazione. E’ una pianura desertica con qualche cespuglio e le sue dimensioni si possono misurare solo in milioni di chilometri. L’unico insediamento importante, quasi al centro, e la cittadina di Alice Springs, oasi moderna e artificiale in un ambiente ostile all’uomo. Non ci sono animali predatori, tolto il “dingo”, un cane inselvatichitosi qualche migliaio di anni fa.

I serpenti velenosi sono rarissimi, per contro invece molti e rumorosi i pappagalli e, non frequente come ce lo aspetteremmo, il simbolo del paese: il canguro. La vegetazione, grazie all’isolamento dell’Australia, ha assunto forme e colori per noi totalmente inconsueti. Le vere dimensioni pero di questi spazi le da il cammello. Si, proprio il cammello che, introdotto dagli inglesi nei secoli scorsi come animale da traino particolarmente adatto al clima caldissimo, fu abbandonato alla sua sorte quando arrivarono le prime vie ferrate. Le condizioni ambientali si rivelarono ideali per questi animali che, al pari del “dingo”, si inselvatichirono e ora formano le uniche mandrie selvatiche di cammelli nel mondo. Sono difficilissimi da avvicinare e la vita brada li ha resi molto più robusti e veloci dei loro simili domestici.

Globe trucker - Africa Zaire Africa - Zaire
Globe trucker - Africa centrale Africa centrale


Affrontare l’Africa dopo tre continenti soprattutto per il camion è compito piuttosto arduo a causa delle difficoltà ambientali, per nulla trascurabili, che questo itinerario presenta. Quando si parla di Continente Nero lo si associa immediatamente al caldo torrido, ai deserti, alla siccità, invece: pioggia torrenziale e freddo cane. La parte meridionale, infatti, ha inverni a volte piuttosto rigidi e in certe zone il termometro scende abbondantemente sotto lo zero.

Una volta pero abbandonata la zona più a sud, il clima ritorna mite e i cieli si fanno luminosi e sereni. Non altrettanto sereni sono invece gli uomini in feroce lotta tra neri e bianchi e le piste, tracciate nei pressi delle frontiere fra Rhodesia, Zambia, Botswana e Africa del Sud Ovest, sono minate, il che ci obbliga ad affrontare il deserto del Kalahari: ottocento chilometri di sabbia. Noi vediamo solo la pista, una maledetta pista piena di insidie; tutto il resto é coperto da un cespugliame disordinato. Avanti, avanti, poi almeno speriamo, vedremo anche il paradiso africano, con savane stupende e fauna in abbondanza e felicemente libera, intatta da millenni.

Globe trucker - Africa Kenya Africa - Kenya
Globe trucker - Africa Repubblica Centro Africa Africa - Repubblica Centro Africa


Il nostro IVECO 75 PC, e attrezzato di tutto, ma mancano i servizi. E’ l’alba e io devo uscire. Quando uno deve uscire dice all’altro "devo uscire”, e l’altro sa perché. Viviamo come i beduini, Ci laviamo quando e come possiamo, ci alimentiamo talvolta in modo incredibile, ma certe forme esteriori di convivenza le abbiamo conservate.

E io, dunque, vado “la dietro". Disagio? Direi di no. E’ un modo allegro di godere un’altra forma di libertà, e di solito “la dietro” non si ha fretta. C’e sempre qualcosa da guardare, qualche calcolo mentale da fare sui giorni e sui chilometri, sulle riserve di gasolio e di roba da mangiare. In quei momenti germogliano anche i pensieri da buttare sulla carta. Ma ecco che vedo qualcosa di inatteso: Cinque leoni, comodamente accovacciati, a pochi metri da me. E io sono li coi pantaloni in mano e qualche pensiero confuso in testa. Dire che sono “imbarazzato” forse non é esatto. Loro sicuramente no: mi guardano socchiudendo gli occhi e pensano gia al lauto pasto. Accidenti, Ia cerniera lampo si e inceppata e la mia cauta ritirata assomiglia piuttosto a un ripiegamento tattico un po disordinato.

Tutto bene? Chiede Daniele. Si, si, salvo cinque leoni “la dietro", ma il caffé e pronto e si pensa gia ad altro. Non poca emozione ce l’ha data un colpo di cannone. La sorpresa é dovuta al fatto che, raggiunto il territorio zambiano, con alle spalle il maestoso Zambesi, crediamo di esserci allontanati dalla zona dove gli uomini si fanno la guerra. Quel “Bum” improvviso e lacerante ci mette in agitazione. Non solo noi, del resto; tutto lo staff di funzionari e guardie sulla linea di frontiera se la é data a gambe, sicché, una volta passato lo stato di pericolo, dobbiamo raccogliere, uno ad uno, nei villaggi limitrofi tutte queste brave persone perché ci esaminino i documenti per metterci sopra i maledetti timbri, senza i quali neppure la solitudine del deserto e concessa. Colui che timbra e a suo modo pallido, riesce però a spiegare: un colpo scappato a un artigliere maldestro. No, niente guerra, almeno per ora!

Globe trucker - Africa Nigeria Africa - Nigeria
Globe trucker - Africa Nigeria Africa - Nigeria


Finalmente l'Africa Nera. Sosta al lago Manyara in Tanzania, dove l’Africa e rimasta quella di qualche milione di anni fa. C’e di tutto, come in certi racconti di fantasia: banani, papaie, elefanti che procedono in fila indiana per andare all’abbeverata o chissà dove. Ecco un branco di rinoceronti. Mano alle macchine fotografiche; si scatta di continuo, con una gioia tumultuosa, che poi sarà difficile raccontare a coloro che sono rimasti a casa. “Perché andare per il mondo senza riposo?” Eccoli li i perché, ma traducili in parole se ci riesci. Neppure l'obiettivo, che sa fissare tutti i particolari, ma proprio tutti, può ridire quello che vediamo e sentiamo. Il Kenia é bello, ma di una bellezza oramai conosciuta da molti perché intenso è il flusso del turismo. Semmai un volto del Kenia inedito o quasi lo si ritrova a Nord, verso il lago Rodolfo dove non mancano le strade, ma dove ci sono anche tragitti da fuoristrada puro.

Più nuovo e poco battuto dalle carovane turistiche e l’Uganda. Il parco delle cascate Murchinson (ora Kabalega) un tempo, dicono tutti i viaggiatori che hanno lasciato scritto qualcosa, brulicava di ippopotami e coccodrilli, ma sono anni che avviene una mattanza (purtroppo non solo qui) infame. Si parla di bracconaggio senza scrupoli, ma nessuno fa qualcosa per limitarne i danni, per impedirlo, Anche gli ex-militari di Idi Amin pare abbiano una buona dose di responsabilità.

Zaire Nord-Orientale, Africa autentica, senza asfalto. Pioggia, tanta pioggia, e dunque tanto fango, caldo, zanzare, aria densa di umidità. Si procede a 10/15 kilometri all’ora quando va bene, in una continua lotta per cavare dalla brodaglia viscosa il veicolo. Mancasse altro, ci prende l’angoscia dei ponti, per la maggior parte dissestati, e poi in ogni caso troppo esigui per sopportare bestioni da otto tonnellate. Fino a Faradje seguendo le indicazioni dei missionari, in qualche modo ce la caviamo; di li in avanti non ci sono più neppure ponti ma passerelle, dobbiamo fare lunghi giri per trovare il passaggio buono, e in ogni caso ogni traversata diventa una roulette russa. I nervi non sono più quelli del giorno della partenza e i segni della stanchezza e dell’ansia ce li leggiamo l'un l’altro in viso. Ci attende ancora il Sahara, il più grande dei deserti; ma non e cosi duro come ce lo aspettavamo. Si avvicina l’inverno e il clima in queste immense solitudini e molto gradevole e secco e questo ci ritempra dopo tanta umidità. Le nottate sono piacevolmente fredde e silenziose; niente terrificanti urla della foresta e soprattutto niente insetti a pungiglione. Per svegliarci di buon’ora dobbiamo mettere la sveglia e, pur non essendo poche le difficoltà delle piste e di orientamento, le giornate trascorrono senza apprensioni, l'attraversamento del Sahara e un'esperienza da vivere chilometro dopo chilometro. E' un’ immensità immobile che da le vertigini e ti fa comprendere, molto più degli oceani che in qualche modo si muovono e vivono, quanto poco conti l’uomo, infimo granellino di sabbia in balia di una natura milioni di volte più grande di lui.

Ma eccoci all’ultimo continente: l'America, anzi le Americhe e il nostro contachilometri supera abbondantemente le 100mila unita. La nave che ci porta dall’Europa ci sbarca a Buenos Aires e da qui raggiungiamo la Terra del Fuoco, ultimo lembo di terra abitabile prima dell’Antartide. Il nome è di fuoco, ma fa un freddo micidiale. Pioggia, neve e il vento gelato del sud non ci danno tregua. A scaldarci, per fortuna, ci pensano gli Argentini con la loro accoglienza tutta sudamericana.

Globe trucker - Argentina Argentina
Globe trucker - Bolivia Salar de Uyuni Bolivia - Salar de Uyuni


Tutti i giornali, anche i meno importanti, parlano del camion che sta facendo “la vuelta al mundo". Ovunque siamo accolti con entusiasmo e spesso veniamo invitati per un ricco "hasado", il piatto nazionale fatto di molti tipi di carne ai ferri. A questi inviti teniamo particolarmente perché, oramai, le scatolette (sono due anni che non ci cibiamo d'altro) pur variate nei gusti, cominciano a crearci qualche problema. Con queste sole premesse l'Argentina ci conquista, ma ci sbalordisce definitivamente con le sue attrazioni naturali.

Il ghiacciaio Perito Moreno: un fiume di ghiaccio in tumultuoso movimento cade, con il fragore continuo del temporale, nel lago Argentino ad appena settecento metri di quota. E’ uno dei pochi ghiacciai tuttora in lenta espansione e il suo fronte, emergente dal bel mezzo del lago, è alto più di settanta metri. La “pinguinera” di Punta Tombo é veramente molto difficile da descrivere.

E’ il luogo di raduno, il solo continentale, per la stagione dell'accoppiamento di qualcosa come cinque milioni di pinguini. E' una marea di signori in frac in continuo e ossessionante movimento, un qualcosa che toglie il respiro nel senso figurativo ma anche reale della parola. L’olezzo emanato dagli escrementi è insopportabile, ma il colpo d’occhio é superbo. Resta un mistero come tutti riescano, senza fallo, a trovare il loro nido; una semplice e nuda buca scavata nella ghiaia in riva al mare.

Globe trucker - Patagonia Afganistan
Globe trucker - Bolivia Titicaca Bolivia - Titicaca


Ed ecco le Ande. Di fronte a questo gruppo montuoso ogni altra catena di montagne fa la figura della formica. Distese incontaminate di neve, di fuoco, di ghiaccio, di grandi foreste, di aridi deserti, di calore insopportabile e di freddo intenso; e tutto questo per quasi settemila chilometri, tanto si estende questa spina dorsale dell’America Latina. Nel nostro avanzare verso nord abbiamo parecchie occasioni di passare da un lato all’altro di questa possente barriera, ma credo che il passo più stupefacente sia il Paso de Agua Negra, tra Cile e Argentina. A quasi 5000 metri d'altitudine dove l’aria e cosi sottile da rendere penoso il respiro, troviamo “los penitentes”. Sono ghiacciai erosi in maniera bizzarra dal vento e dal calore del sole e sembrano tanti fantasmi in processione. Ce ne sono a migliaia, alti mediamente 2/3 metri e il fatto più strano e che sono piantati nel pietrisco a mò di pali di sostengo di una gigantesca staccionata. La discesa verso il Cile é da brivido. La pista é stata tracciata da poco e i baratri che ci affiancano non hanno quasi fine: migliaia di metri di vuoto e il fondo valle si perde lontanissimo nella penombra.

Raggiungiamo ii mare circa dieci ore dopo, benché in linea d’aria sia ad appena 50/60 chilometri. Dal mare all’alta montagna e viceversa. Fino alla Colombia è una costante del nostro peregrinare, perché la Carretera Panamericana corre lungo le coste, con paesaggi sovente monotoni, per sfuggire ai quali si risaliva alle alte quote ben più ricche di natura e popolazioni interessanti. I grandi “salares” boliviani sono cosi allucinanti che difficilmente si possono dimenticare. Infinite distese di sale (centinaia di chilometri) duro come pietra e di un bianco abbacinante, dove il senso dell’orientamento e delle dimensioni sparisce completamente e nonostante ci si trovi a 4000 metri la bussola diventa strumento indispensabile. Altrettanto impressionante anche quello che é rimasto delle grandi civiltà in Perù. Macchu Picchu, Cuzco, Sillustani, l’Isola del Sole nel lago Titicaca, sono nomi che evocano siti e rovine di enorme importanza per la storia delle popolazioni Indios, un tempo fiere e incontrastate dominatrici di queste alte terre. Ma il tempo stringe e dobbiamo raggiungere l'Alaska prima dell’inverno, che arriva molto presto e improvviso. In più c’e l’incognita traghetto che ci deve portare a Panama. Si, proprio un ferry-boat! Fra il nord della Colombia e Panama si estende la Serrania del Darien, una palude equatoriale impenetrabile che virtualmente separa le due Americhe.

Globe trucker - Guatemala Guatemala
Globe trucker - Argentina  Ushuaia Argentina - Ushuaia


Nel porto di Guayaquil (Ecuador) tra rinvii e false partenze perdiamo esattamente un mese. Troppo! La conseguenza è una sola ma inevitabile: raggiungere nel più breve tempo possibile la meta finale.

Questo comporta, con nostro forte rammarico, la soppressione da tutto il programma di visite e sopraluoghi nelle Repubbliche Centroamericane e del Messico. E’ una corsa forsennata di più di quindicimila kilometri, attraverso un campionario completo di climi, montagne, canyon, deserti, ghiacci, foreste, praterie, coltivazioni e uomini. Anchorage, per me, e la fine gloriosa dell’impossibile avventura e un aereo mi riporta, in poche ore, a casa. Daniele invece, girovagando a lungo negli Stati Uniti, porta il camion al suo ultimo imbarco: New York.

Globe trucker - Cile El Tatio Cile - El Tatio
Globe trucker - Bolivia Bolivia


Una sera, mentre terminavo queste note, é squillato il telefono: “Pronto? Parlo con Cesare Gerolimetto, quello che ba fatto il giro del mondo in camion? " Si! mi dica. “Avrei bisogno di alcune informazioni perché vorrei, fra tre mesi, intraprendere il giro del mondo in bicicletta”. Io subito rimango perplesso, ma poi dico allo sconosciuto interlocutore che fa benissimo. Il difficile é partire. Una volta in ballo saltano fuori doti insospettate e si va avanti, sempre più avanti, ritrovandosi qualche anno dopo al punto di partenza; il giro del mondo e tutto qui!

-- Cesare Gerolimetto

Globe trucker - Fine della corsa in Alaska Fine della corsa in Alaska
Globe trucker - Salita sul traghetto Carico sul traghetto